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San Francesco: la chiesa ritrovata

Comunicato stampa

Nella giornata di sabato 5 aprile la storica e suggestiva chiesa di San Francesco, che si trova a Persiceto in piazza Carducci, sarà aperta al pubblico con possibilità di partecipare a visite guidate alla parte restaurata e agli scavi archeologici effettuati.

San Francesco: la chiesa ritrovata

Un particolare del restauro della Chiesa di San Francesco




01/04/2014

Sabato 5 aprile la chiesa di San Francesco, in piazza Carducci, apre per dare la possibilità a tutti di vedere l’esito della prima fase di restauro e degli scavi archeologici. Per l’occasione, alle ore 10.30 saranno presenti il Sindaco e l’Assessore alla Cultura del comune di San Giovanni in Persiceto, Adelfo Zaccanti, dirigente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Stefano Campagna, progettista e direttore dei lavori di restauro della chiesa e Silvia Marvelli, direttore del Museo Archeologico Ambientale. La Chiesa rimarrà aperta nella sola giornata di sabato 5 aprile dalle 10.30 alle 13 e dalle 15 alle 19 con visite guidate a cura del Museo Archeologico Ambientale alle ore 11.30 e 17.

I lavori di restauro della chiesa di San Francesco sono iniziati nel 2009 con l’obiettivo di riportare l’interno dell’edificio al suo antico splendore e renderlo adatto ad ospitare esposizioni e attività culturali. Con un primo stralcio sono stati restaurati la porzione di chiesa adiacente all’ingresso principale sul lato sud e gli ex alloggi dei pompieri al primo piano, ed è stata creata una nuova scala di collegamento tra i due spazi. L’intervento è stato possibile grazie a un contributo dalla Regione e a un finanziamento della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Nel 2010 avrebbe dovuto seguire un secondo stralcio, che però non è stato possibile effettuare per mancanza delle risorse necessarie. Nel frattempo il Museo Archeologico Ambientale di Persiceto ha condotto una serie di sondaggi archeologici all’interno della chiesa sotto la direzione scientifica delle Soprintendenze per i Beni Archeologici e Architettonici dell’Emilia Romagna. I dati emersi durante queste operazioni hanno permesso di recuperare preziose informazioni sulle fasi di vita dell’edificio, utili al restauro conservativo ma anche sulla storia persicetana tra il XIII e il XVIII secolo.
Durante l’apertura straordinaria che si terrà sabato 5 aprile sarà possibile vedere l’interno della chiesa: nella parte restaurata sarà allestita una mostra per documentare l’intervento già realizzato; tramite un apposito percorso di visita sarà agibile anche la porzione di chiesa non ancora restaurata dove sarà possibile vedere da vicino l’esito di alcuni scavi archeologici, anch’essi documentati da pannelli informativi. Sotto il portico nei pressi dell’entrata saranno invece ospitati alcuni pannelli per illustrare il progetto di ripristino dell’adiacente scuola primaria “Quaquarelli”, danneggiata dal terremoto.
Segue scheda storica sul Complesso conventuale di San Francesco

Ufficio Stampa, tel. 051.6812795

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Il complesso conventuale di San Francesco

I francescani a Persiceto
L’ordine dei francescani si insediò a Persiceto nel XIII secolo, come attestato da diversi documenti d’archivio. Ben presto i frati si conquistarono la stima della popolazione e grazie ai lasciti di vari donatori nella seconda metà del secolo edificarono una chiesa con annesso convento. Il complesso era allora situato al di fuori della cerchia del castello e solo all’inizio del XIV secolo fu compreso all’interno dei fossati e venne fortificato. Nel 1489 la chiesa balzò agli onori della cronaca per la presenza nella sua cappella maggiore di una immagine miracolosa della Beata Vergine: durante le celebrazioni il velo che ricopriva il volto della Madonna fu visto alzarsi varie volte, mostrandone il volto. Le cronache riportano di molte guarigioni miracolose e di migliaia di pellegrini accorsi da tutta la provincia. L’evento contribuì a riempire le casse del monastero tanto da consentire nuovi lavori di ampliamento. L’eco del miracolo si affievolì presto ma rimase un profondo legame tra la comunità locale e il convento. Nel 1633, ad esempio, minacciato di soppressione per insufficienza di fondi, il convento chiese sostegno alla comunità persicetana, che prontamente avanzò un ricorso al Pontefice affinché il convento fosse conservato e contribuì con una donazione. Nello stesso anno il pittore Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, fu incaricato di realizzare la tela “San Francesco riceve le stimmate” che fu poi collocata sull’altare della Cappella del Santo Cordone, costruita nello stesso anno. Attualmente la pala d’altare è conservata nella chiesa di San Giovanni Battista a Campello Monti (Verbania), restaurata dopo una serie di vicende tortuose: sottratta da Persiceto tra il XVIII e il XIX secolo, non si sa se trafugata, venduta o nascosta, finisce nelle mani di un antiquario torinese che nel 1895 la dona a Campello Monti. Nel 1973 l’opera viene rubata e ritrovata solo nel 1998.

Alterne fortune tra ‘700 e ‘800
Nel ‘700 fu completato un porticato che univa il convento al centro cittadino, rendendo più agevole l’ingresso in chiesa. Sulle pareti delle arcate vennero dipinte le effigie dei personaggi più illustri dell’ordine francescano, cancellate poi da interventi successivi. Nel 1709 i frati si trovarono nuovamente in gravi difficoltà economiche e furono costretti a vendere un San Sebastiano del celebre Tiziano per sole 360 lire. A metà del ‘700 la chiesa ormai pericolante fu ricostruita e successivamente venne riedificato il convento e restaurato il portico. Dopo pochi anni però, con l’avvento della dominazione napoleonica in Italia, ne fu decretata la soppressione. Il convento fu adibito a caserma e in parte ad abitazione. Nel 1822, con il ritorno del governo pontificio, la chiesa, restaurata ed abbellita, tornò ai frati. Con il Regno d’Italia, però, il convento fu ancora una volta soppresso e, insieme alla chiesa sconsacrata, divenne definitivamente di proprietà del Comune.

L’affresco ritrovato
Se l’antica chiesa di San Francesco, edificata nel XIII secolo, era contraddistinta dallo stile gotico allora in voga, la nuova costruzione settecentesca fu caratterizzata da forme doriche. La chiesa, progettata dall’architetto bolognese Alfonso Torreggiani (1682-1764), era considerata tra le più belle e maestose della città. L’interno presenta un’unica navata con sei altari laterali. La zona presbiteriale è coperta da una cupola con pennacchi abbelliti da decorazioni in stucco. Al centro della facciata monocuspidata, un’ampia finestra rettangolare sormonta il portale. Il chiostro risale alla fine del ‘400. Nell’antico refettorio del convento, durante i lavori di ristrutturazione nel 1995, è venuto alla luce un grande affresco raffigurante l’Ultima cena. Si tratta di un’opera di grandi dimensioni (oltre 6 metri di lunghezza) databile con tutta probabilità tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 e presenta caratteri stilistici e cromatici che rimandano a modelli veneti (il primo Tintoretto) ed orientaleggianti. Il dipinto è giunto intatto sino a noi grazie ad un’intercapedine che lo proteggeva.

Il complesso conventuale ai giorni nostri
Oggi lo stabile conventuale, che accoglieva una scuola elementare e la sezione di fisica del Museo del Cielo e della Terra, e il suggestivo chiostro sono inagibili a causa dei danni riportati durante il recente terremoto. La chiesa invece è oggetto di restauro ed è destinata a divenire un importante spazio per le attività espositive/culturali della città.

Ultima modifica
02/05/2014 13:22